Dragon’s Longing
Desiderio di Drago

Dragon’s longing è un’espressione che appena scoperta (non ricordo dove, cioè se letta in un libro o ascoltata in un film ma sicuramente non si stava trattando di draghi) me la sono appuntata nell’agenda per ricordarmela.
Maestra Nevenka alle elementari ci faceva tenere una rubrica per scriverci i termini incontrati per la prima volta, con accanto il loro significato, in modo da impararli e poter cominciare ad usarli alla prima occasione.
È da quei tempi che continuo a farlo; magari ora non annoto solo i termini italiani ma lo scopo è lo stesso: memorizzarli per poterli usare quando capita.

“Dragon’s longing” mi ha decisamente conquistata come espressione, mi piace e la trovo preziosa come uno Spumante da Riserva Speciale, una Birra in Edizione Limitata, i Pistacchi di Bronte… insomma, per pronunciarla come merita e non sciuparla si deve aspettare il momento adatto. Attendere l’occasione e l’empatia giusta, e per empatia intendo la connessione con il drago; il drago, che fa decisamente parte di un altro ordine di creature.
Il desiderio di/da drago, dragon’s longing, è il bramare continuamente quella cosa in modo infuocato.
Persino il respiro, l’alito del drago è sufficiente per incendiare.
Il drago porta il fuoco dentro di sé e lo erutta sul mondo intorno, vomita lingue di fuoco.
Figuriamoci quanto bruciano i suoi desideri, fiamme guizzanti, potenti come lanciafiamme, come il nucleo incandescente al centro di questo Pianeta e i fiumi di lava che cercano i camini dei vulcani per risalire, sfogarsi e uscire divampando.
Chiedere «Il tuo Dragon’s Longing? Cosa stai desiderando con la potenza di un drago?» è una specie di indagine, per capire un pezzettino in più della personalità di qualcuno.

Le
sue forze psichiche più potenti sono focalizzate su cosa? I suoi
pensieri dove si stanno concentrando? Le sue abilità cognitive,
affettive ed emotive quali percorsi stanno percorrendo?
Si può
restare curiosamente impressionati dalle risposte perché spesso non
sono come esattamente ci si aspettava.
«E cosa sei disposto a fare per il tuo dragon’s longing?»
Cioè, qual è l’azione migliore da realizzare, il mezzo da usare per ottenere il tuo desiderio da drago?
La
risposta che l’interlocutore dà fornisce
dati per comprendere la sua “personalità da drago”, le dinamiche
interpersonali e modulazione delle emozioni, la sua visione della
realtà con due occhi di drago, e spesso, sì… fa venire i
brividi.
Un vero drago, degno di questo nome, possiede la vivida
capacità per valutare le ragioni per agire e avanzare fino a
raggiungere il bramato desiderio.
Sa distinguere fra desiderio da drago e l’ambizione folle e irrealizzabile di un pazzo.

I draghi non sopportano le persone folli, li fanno innervosire; essendo dopotutto delle creature focose sono pronte ad attaccar briga perché la loro vanità dragonesca viene offesa da chi si vuol mettere a discutere sragionando, ignorando, senza un filo logico. Sono animali rudi ma molto schietti, i draghi, e vivono in un mondo di verità.
Non si può dunque riuscire a desiderare come un drago, dragon’s longing, bramare per raggiungere il proprio desiderio, senza saper dare ad altri un resoconto del proprio ragionare.
La domanda «Dragon’s Longing?» è uno stimolo e l’interlocutore si organizza, probabilmente anche inconsciamente, a rispondere secondo le proprie caratteristiche di personalità.
In realtà, ovviamente non c’è un test “dragon’s longing” da nessuna parte; esiste quello di Rorschach, dei colori di Jung, la diagnostica di Luscher ma questo “Dragon’s Longing” mi è venuto in mente solo da quando ho scoperto quest’espressione portentosa, quasi terribile. Insomma non è nulla di scientifico né ufficiale ma può servire a me per farmi un profilo della persona alla quale lo chiedo.
Non esistono risposte giuste o sbagliate ma soltanto personali, e si spera non banali né superficiali perché allora non sarebbero da drago.

Per questo è interessante ascoltare le risposte, c’è la possibilità di conoscere i pensieri di, fino a quel momento insospettabili, draghi.
Poi, certo, per comprenderli davvero bisogna mettersi un po’ su quella lunghezza d’onda speciale e tutta da drago ma è bello, è interessante, e poi come si dice in cinese mandarino 入乡随俗 (rùxiāngsuísú), quando entri in un villaggio, segui le usanze locali, anche nel linguaggio.
Sì, è un altro dei termini salvati nell’agenda come maestra Nevenka mi aveva insegnato a fare.
入 [rù] enter
乡 [xiāng] village
随俗 [suísú] follow local customs
grazie per essere passati di qua e buona settimana da veri draghi
Bloody Ivy
Estasiata. Innanzitutto, la tua Maestra era una persona davvero intelligente, con una vocazione. Questa è una cosa che con me ha sempre fatto mio padre, e non gliene sarò mai abbastanza grata.
Io potrei applicare (almeno in parte) questa teoria – che non sarà scientifica ma non fa una piega – a un “drago” di mia conoscenza che sa ben valutare le ragioni per agire e avanzare, non sopporta le persone schiette e un po’ rudi che si mettono a discutere “sragionando” (questione di punti di vista), ignorando (legittima difesa) e rifiutando di seguire un filo logico, soprattutto se imposto dall’esterno o dall’alto.
Perché sì, non tutti funzionano come i draghi ma non per questo hanno minore dignità. Nel mio caso specifico, pur non avendo a che fare con un giurista, spesso mi sembra (e quanto si offende!) di parlare con un avvocato, già organizzato, e io godo già di “presunzione di colpevolezza”. Così, in partenza, a prescindere. Da questo tipo di dialoghi, (guarda caso tu non hai nominato questo termine) non esce mai nulla di utile. Per fortuna accade abbastanza di rado, ma è proprio l’incontro/scontro con due modalità diverse.
Metto da parte il tuo articolo, e grazie.
Ciao!
maestra Nevenka è ormai una vecchietta ed è più presente di me sui social. quando trovo un suo commento, in genere sotto gli articoli del quotidiano cittadino on line, clicco mi piace, e non è perché mi piace ma per farle una carezza.
uh! la mentalità degli avvocati! lasciamo stare quelli iscritti all’Ordine che, per lavoro devono convincere il giudice e vincere le cause, insomma, i clienti li pagano per questo, no? Mettono o tolgono dal fascicolo che preparano da consegnare quello che conviene loro (e al cliente pagante) ma stanno facendo il loro mestiere. Come gli operai in fabbrica, gli avvocati in tribunale.
Ma chi lo fa per stile di vita… mi lascia davvero perplessa!
Iniziano con il metodo proprio da avvocati, il rasoio di Occam, la risposta più semplice e sbrigativa è quella vera (la loro e stai facendo brutta figura tu che hai fatto quella domanda). Se rispondi a tono si offendono e ti mandano a studiare, perché tu non avevi diritto di controbattere (“sei un giurista tu?” significa “chi sei tu per osare a mettere in discussione il mio pensiero?”). Però vogliono vincere (mentalità da avvocato) e allora cercano prove spesso senza senso e altri cavilli.
ok grazie del commento, avrei risposto anche di più ma ora devo proprio staccare
ciao!
Ascoltare e magari vivere in prima persona queste “usanze locali” e poi, con gioia, perchè ci si sorprende sempre di questa nuova scoperta, farle nostre, portarle nella nostra vita, per arricchirla. Quanto hai ragione! Buona settimana anche a te.
bellissimo consiglio-commento!!! scusa per il tempo che ci ho messo a risponderti. 🙂
Grazie! per le scuse rispondo … A chi lo dici! 🙂 Sorridere fa bene e insieme ancora meglio! Buona settimana! 🙂
beh, questa settimana direi che da queste parti ci si può dire “Buona Barcolana!” 🙂