AcchiappaSogni (Cap 13.1)

– E qual è il vuoto?
– Lo spazio fra le dimensioni. Ci sono realtà si ogni tipo, diverse dimensioni, universi paralleli ammassati uno all’altro; il vuoto è lo spazio in mezzo che contiene solo il niente. Ve lo immaginate il niente? Niente luce, buio sopra, sotto, niente vita, niente tempo ed è senza fine. Il mio popolo lo chiamava il Vuoto, gli Eterni, il Gemito: molti popoli lo chiamano inferno.
Doctor Who season 2 – 12 L’esercito dei fantasmi prima parte
È un Pete che vive in un altro universo. Ci sono mondi paralleli, Jackie. Ogni singola decisione che prendiamo crea un’esistenza parallela, una dimensione diversa.
Doctor Who season 2 – 13 L’esercito dei fantasmi seconda parte
Noi non vediamo con gli occhi, vediamo con il cervello e il cervello ha moltissimi e inaspettati modi per farti comprendere cosa stai vedendo con gli occhi o con altri sensi; e altrettanti modi anche di fregarti.
Era convinta, perché così le avevano raccontato, che a tutti succedevano le stesse cose, immutabili come leggi universali e lei si fidava ancora dei grandi, credeva che ne sapessero più di lei su qualunque cosa.
Aveva già capito che a volte i sogni si avverano anche se non in modo papale papale, più come linee guida e a volte, invece, se la giornata trascorsa è stata bella ed entusiasmante, durante la notte se ne sogna qualche momento. Era il meccanismo che non le era ancora chiaro; in quali casi prima e in quali dopo.

Per
questo continuava a chiedere di come funzionassero i sogni.
«
Santo cielo! Una bambina così grande non sa ancora queste cose? Hai
quasi tre anni! » e ridevano di gusto.
Lei era convinta che la
stessero prendendo in giro. Come potevano pensare che non sapesse
ancora queste cose? A volte si sogna prima che accada e a volte dopo.
Si sentiva offesa ma incapace di spiegarsi, perché raccontare del
tempo e dello spazio nei sogni non era facile per una bambina, così
ridevano.
Quindi quei discorsi che tanto facevano tanto divertire
i grandi diventarono dei tabù e non raccontò più
niente.
Continuava però a giocare e raccontare cose ai bambini
dell’asilo che l’ascoltavano e le credevano; poi riferivano tutto a
casa, ma lei questo lo avrebbe capito a sue spese. Parlava dei sogni
e delle altre cose che le capitavano come se fossero normali, normali
per tutti; loro non erano grandi e per questo pensava di potersi
fidare.

Cominciò
a comprendere che non tutti facevano sogni come i suoi e che
probabilmente questa cosa dei sogni era molto complicata e
misteriosa, una cosa da grandi, troppo difficile da capire per i
bambini e per questo non gliela spiegavano ancora. Forse lo stesso
valeva anche per le altre cose.
Smise di parlare anche con gli
amichetti quando loro per primi cominciarono a stare in silenzio e a
tenerle il muso.
« Cosa c’è? ».
« La mamma ha detto che sei
una bugiarda e non ti devo più ascoltare. » glielo aveva fatto
capire il più coraggioso della banda perché gli altri restavano
muti e con lo sguardo basso. “Bugiarda” era proprio una brutta
parola da dire per un grande ad una bambina; e non sapeva realmente
perché.
« Per i sogni? Perché bugiarda? Ma voi di notte non
fate sogni? ».
Silenzio, qualcuno faceva il cenno di “no” con
la testa, qualcuno indietreggiava di qualche passo.
Certamente
sognavano anche loro, ma per ascoltare i grandi preferivano darle
della bugiarda e fare finta di non ricordare i sogni che facevano.
E
così smise di confidarsi anche con i bambini della sua età. E aveva
compreso che per essere “buona”, doveva parlare solo di cose
banali e stupide con i grandi e anche con gli altri bambini, doveva
scrivere gli stessi scontati ma poetici pensierini, avere gli stessi
gusti, e mai e poi mai doveva raccontare i propri sogni, a nessuno.
Una
volta imparato a scrivere era passata ai diari e quello di quando
andava in terza elementare era scritto fisso come un manoscritto di
altri tempi; con tanto di illustrazioni disegnate da lei,
ovviamente.
Ci annotava i sogni, scriveva dei colori, quelli che
si riescono a vedere solo quanto si sogna perché da svegli è come
se non esistessero, dei pensieri suggeriti da qualcuno incontrato lì,
le sue considerazioni “a caldo” cioè appena sveglia; però
scriveva anche di altre cose, sempre a modo suo e tutto per non
dimenticare. Da grande avrebbe riletto quelle pagine e sicuramente
avrebbe compreso meglio di come riusciva a fare mentre scriveva quei
diari. O almeno questa era la sua speranza. Scriveva sicura perché
anche se qualcuno glielo avesse letto, e sarebbe stato un gesto
bruttissimo, rivoltante, avrebbero pensato a delle storie, racconti
di pura fantasia.
Imparò
che se gli adulti sanno che stai scrivendo un diario, non ti
rispetteranno, perché sono avidi di segreti e sempre ipocriti, fin
nelle midolla.
Stava giocando e i suoi genitori le erano piombati
addosso mostrandole il diario spalancato.
« E questo cos’è? Eh?!
Cos’è? COS’EEEEEEÈ???
».
I ringhi dei “senza senso”, le creature più ululanti
incontrate nei suoi sogni, non avrebbero potuto sbraitare con maggior
furore.
Le stavano indicando, riga per riga, le sue frasi private
scritte nel suo diario personale come se stessero indicando la cosa
più disgustosa ed abominevole di questo mondo.
«
Cosa hai scritto? »
« Cose! »
E capirono di essere finiti in
un trabocchetto. Non le credevano, dicevano « Non bisogna credere a
te! », che si inventava cose che non esistevano, ma ora non aveva
detto niente a nessuno, aveva semplicemente scritto nel suo diario
segreto che non faceva leggere a nessuno, quelle che loro avrebbero
chiamato solo storie di fantasia, e dunque il motivo per arrabbiarsi
qual era?
Solo a scopo preventivo, per precauzione, ma di
cosa non glielo avevano spiegato, e poi era piccola non avrebbe
potuto capire, la portarono da uno psicologo. Con lo psicologo
chiacchierò tranquillamente e da sola; lui la valutò una ragazzina
intelligente, più sensibile della media, fantasiosa le fece persino
i complimenti davanti a sua madre. Lui non ritenne necessarie altre
visite e sua madre lo definì un incompetente.

« Nasconditi! » Si sentì dire nel sogno, da qualcuno vicino a lei, già nascosto perfettamente o meglio avvolto da un mantello di stelle, e lei sapeva di conoscerlo ma faticava a ricordare come se fosse passato tanto tempo, tante ere. Lo ascoltò e si nascose subito anche lei, come aveva capito di dover fare, nelle caverne degli stati d’animo e nell’imperscrutabilità dei pensieri.
Si comportava in modo uguale a tutti gli altri bambini, certo, ogni bambino ha una sua personalità e un suo carattere e anche lei sembrava un po’ più strana, sicuramente più maleducata degli altri e quindi più evitata, nascosta, mentre del tempo passava.
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Beh questa è la mia prima scrittura con il nuovo editor Gutenberg e i suoi blocchi e, inciampo sui link e devo ancora capire una valangata di cose. Ma andrà meglio la prossima volta, spero.